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pubblicato il 25 / 09 / 2023

Altroconsumo: auto in citta a 30 Km/h, traffico più fluido e meno incidenti

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Altroconsumo ha pubblicato un interessante articolo sull’impatto della riduzione del limite di velocità da 50 km/h a 30 km/h nelle città, che afferma sostanzialmente che questa non sarebbe una condanna all’andamento lento.

Anzi, paradossalmente i tempi di percorrenza si riducono, perché la circolazione diventa più fluida. Con enormi vantaggi su tanti altri versanti: sicurezza, qualità dell’aria, mobilità sostenibile, spazi verdi, felicità dei cittadini.

Il 73% degli incidenti avviene su strade urbane

L’80% dello spazio pubblico all’aperto in città è dedicato alle automobili, che in Italia sono oltre 39 milioni. Su 166mila incidenti contati dall’Istat nel 2022, ben il 73%, è avvenuto su strade urbane. Le vittime sono soprattutto pedoni e coloro che si spostano in bici, monopattino o ciclomotore. I cosiddetti “utenti vulnerabili”. La probabilità di morte a seguito di un incidente stradale è per i pedoni 4,4 volte più alta (per i motociclisti 2,5 volte, per i ciclisti e per chi va in monopattino 1,9 volte maggiore) rispetto a quella di chi occupa un posto in automobile.

Il 70% di incidenti in meno

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Altroconsumo ha pubblicato un interessante articolo sull’impatto della riduzione del limite di velocità da 50 km/h a 30 km/h nelle città, che afferma sostanzialmente che questa non sarebbe una condanna all’andamento lento.

Cos’hanno fatto di speciale città come Oslo, Bruxelles, Parigi, Londra, Bilbao, Helsinki, Edimburgo, Amburgo per veder crollare sulle loro strade il numero di incidenti, morti e feriti? Si sono convertite al modello “Città 30”, dove 30 sta per limite di velocità di 30 km/h. In Danimarca, per esempio, la riduzione di incidenti in tre anni nelle Zone 30 è stata del 77% e dei feriti addirittura dell’88%. A Londra il calo di incidenti è stato del 40% e dei feriti del 70%.

Il ritardo dell’Italia

E in Italia? Le sperimentazioni sono state molte, in Comuni grandi e piccoli, anche se spesso limitate ad alcune zone. Spetta a Olbia la palma di prima Città 30 italiana (dal 2021). Tra i grandi centri urbani è invece Bologna ad aver battuto sul tempo tutti gli altri: la riduzione di velocità da 50 a 30 km/h sulla stragrande maggioranza delle sue strade è partita dallo scorso luglio. Milano forse ci proverà nel 2024. Nel frattempo è stato depositato alla Camera il disegno di legge proposto dalla piattaforma di associazioni #citta30subito (Legambiente, Fiab, Asvis, Kyoto Club, Vivinstrada, ANCMA, Salvaiciclisti, Fondazione Michele Scarponi, AMODO), affinché il modello sia adottato in tutta Italia. Precedentemente a favore delle Città 30 si era espresso il Parlamento europeo, attraverso la risoluzione del 6 ottobre 2021. Anche l’Onu ha dato man forte, lanciando la campagna Streets for life #Love30.

Obiezioni senza fondamento

Allora tutti d’accordo? Macché. Ogni volta che un provvedimento Zona 30 viene adottato si solleva un vespaio di polemiche e di voci contrarie. L’iniziativa viene bollata come assurda e controproducente. Chi va oltre gli insulti azzarda argomentazioni del tipo: «È un limite inutile perché nessuno lo rispetta», «con il limite di 30 km/h si perde troppo tempo», «il limite 30 dà un falso senso di sicurezza ai cittadini, i quali saranno meno attenti e provocheranno più incidenti gravi». Sono tutte obiezioni facilmente smontabili con i dati e con l’esperienza dei centri urbani in cui le Zone 30 sono da tempo una realtà.

In tutti casi c’è stata una diminuzione di incidenti, di morti e di emissioni inquinanti; una riduzione del rumore e del traffico; un aumento degli spazi disponibili per pedoni e ciclisti e delle aree di svago e di incontro per le persone, in cui i bambini possono giocare e muoversi senza correre rischi; un maggiore ricorso ai mezzi pubblici, all’uso di bici o dei propri piedi (incentivando così l’attività fisica e migliorando di conseguenza lo stato di salute dei cittadini); un incremento nelle vendite dei negozi di vicinato e del commercio locale, che ha contribuito a rivitalizzare i quartieri. Tutto senza significativi aumenti di percorrenza. In estrema sintesi, la qualità della vita è migliorata. Il motto «Città 30 gente contenta» – coniato da Lydia Bonanomi, l’architetta svizzera che nel 1990 ha disegnato questo modello urbanistico – è tutt’altro che uno slogan vuoto.

Inversione di prospettiva

È però sul significato di Città 30 che sorgono i maggiori equivoci. C’è chi crede che per acquisire questo status basti scegliere le strade sulle quali abbassare il limite da 50 a 30 km/h e apporre in giro cartelli che vietano di superarlo. Questo è quanto di più semplicistico si possa pensare, perché Città 30 è un progetto complesso, un contenitore che comprende diversi interventi, non necessariamente onerosi, per riqualificare lo spazio pubblico, liberandolo dalle auto e restituendolo alle persone, o meglio alla comunità.

In primo luogo va attuato un cambio di prospettiva: non più tutte le strade a 50 km/h e solo alcune a velocità ridotta o pedonali, bensì tutte le strade a 30 km/h o pedonali e solo alcune a 50 km/h (tipicamente quelle di circonvallazione che servono a spostarsi tra una zona e l’altra della città, ma non le arterie radiali, dato che l’obiettivo è di ridurre le auto private che penetrano in città). E poi servono interventi strutturali su strade e piazze: si restringono le carreggiate, si aumenta lo spazio per i marciapiedi, per l’arredo e il verde pubblico; si cambia la conformazione dei parcheggi (e se ne riduce il numero).

Non è vero che si perde tempo

Non finisce qui. Bisogna incentivare la mobilità leggera, potenziare il trasporto pubblico (rendendolo più efficiente e più economico possibile) e sviluppare la cosiddetta “intermodalità” (per tutti, oltre che per i pendolari), cioè l’uso combinato di mezzi di trasporto diversi, ottimizzandone i tempi.

Come in ogni processo che presuppone un cambiamento culturale, sono cruciali sia la comunicazione (campagne informative ed educative) sia il coinvolgimento dei cittadini e degli abitanti dei quartieri nelle decisioni, affinché comprendano che Città 30 non è contro gli automobilisti bensì a favore di tutti. E che non si tratta di una condanna all’andamento lento, anzi. Oggi in una grande città come Milano la velocità media delle auto oscilla nell’arco della giornata tra i 14,8 e i 17,5 km/h.

Potrebbe sembrare un paradosso imporre il limite di 30 km/h in città se già si viaggia più lenti. Invece non lo è, sia perché quelle citate sono una media tra velocità molto diverse, sia perché la causa dei rallentamenti è il traffico, che costringe a continui start e stop: snervanti, inquinanti e pericolosi. Se la circolazione è più fluida, i tempi di percorrenza si riducono. Se tutti vanno piano, si arriva prima.

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